«Il pallone è stato il filo per non perdersi»
Intervisto Joanna Borella a inizio gennaio 2021. Milanese da sempre, da quando venne adottatta nel 1967 dall’India, vive tra via Padova e Pasteur dagli anni Novanta, e adora il quartiere come mi ha raccontato qui. Ha tanta voglia di parlare, e avrebbe tanta voglia di muoversi: Joanna infatti è Mr. Jo, gioca a calcio da sempre e allena calciatrici di tutte le età grazie alla sua associazione Bimbe nel Pallone. Causa pandemia ora è ferma. Eppure qualcosa è riuscita a inventarsi lo stesso, prendendo spunto da ciò che tutti noi, fin da bambini, facevamo in casa, spesso tra fratelli e sorelle. Il suo effetto personale racchiude tutta la voglia di fantasticare, di trasformare anche un pezzo di carta in un pallone, e di muoversi e giocare, anche quando siamo costretti a stare chiusi in uno spazio piccolo piccolo.
Il pallone prima di tutto
I miei genitori avevano già due figli maschi, poi hanno adottato me, e poi, quattro anni dopo, mia sorella Cristiana. Quindi siamo una famiglia mix, particolare. Io arrivo dall’India, e sono la prima adozione internazionale in Italia: nel 1967 ancora non c’erano questo tipo di adozioni, col mio arrivo infatti è nato il CAI, il Centro Adozioni Internazionali. Ho anche questo primato, diciamo (ride).
Quando sono arrivata avevo 15 mesi, di solito un bambino cammina già. Io no: ero in un orfanotrofio con 550 bambini e una sola suora… Puoi immaginare, non aveva la possibilità, neanche il tempo, di star lì a farti fare il passettino. Così appena arrivata in Italia gattonavo, anzi gattonavo dietro la palla e i miei fratelli, mi hanno raccontato. Ho iniziato prima a giocare col pallone che a camminare! Avevo sempre con me un pallone, un biberon e un pezzettino di pane.
Alle elementari, appena c’era l’intervallo, arrotolavo una pallina con la carta e lo scotch, e appena suonava la campanella: pam! Fuori di corsa a giocare nel corridoio! La mia insegnante e super maestra Luciana Pesci diceva: “Quel lì l’è la Giovannina, che l’è minga nurmal quel lì. Gioca semper al balun. L’è un maschiaccio” (ride). Negli anni poi ho sempre continuato a giocare, a un certo punto mi sono detta: posso unire la mia passione per il calcio con l’accudimento, la crescita e l’educazione di bambini e bambine (ho sempre fatto la tata di mestiere). E così ho fatto dei corsi e poi ho creato la mia associazione le Bimbe nel Pallone.
Alleno bambine e ragazze da 4 agli 11 anni e dagli 11 ai 18 anni (le Nolers) in via Cambini, una traversa di via Padova. E poi anche le mamme e le donne, in parte al Trotter in parte all’oratorio di Turro: anche le povere mamme, che sono sempre dietro a portare i borsoni della piscina e le cartelle, e anche tutte le donne, anche se hanno una certa, possono ancora giocare, divertirsi, senza alcuna pretesa.
L’ultima partita
Il 23 o 24 Febbraio del 2020 avevamo organizzato questo mini torneo con quattro squadre, divertente, simpaticissimo. Quando ormai avevamo quasi finito, alla radio hanno detto: “Da questo momento si entra in lockdown”. Ci siamo guardate tutte: “Nooooo, questa è la nostra ultima partita tutte insieme!”. È stata un po’ una batosta, non sapevo come muovermi. Già da un po’ di anni però faccio lezioni di calcio nelle scuole al Trotter e al Quintino di Vona, per le medie e le elementari. Avevamo realizzato un bellissimo corso, ma a febbraio ci hanno stroncato… Però a metà aprile mi ha chiamata una delle insegnanti della Casa del Sole del Trotter e mi ha detto: “Perché non fai anche tu lezioni di calcio alle elementari”. E io le ho detto: “Wow, che bello!”. Ah, la gioia è stata rivedere i bambini, anche se on-line! Temevo di non rivederli più e invece! Eravamo tutti contenti!
Un pallone ancora una volta, per non perdersi
Le bambine e i bambini hanno seguito le mie lezioni di calcio utilizzando materiale da riciclo in casa. Facevano lo slalom tra i rotoli di carta igienica o tra le bottiglie di plastica, usavano le sedie per fare un dribbling, il tunnel, un corridoio… Oppure mettevano due bottiglie una vicino all’altra, in cima ci mettevano il manico di scopa, e saltavano. Oppure prendevano la palla e la mettevano in un sacchetto con una corda e lo attaccavano tipo cintura, e così facevano i palleggi. Tutte cose che potevano in qualche modo fare a casa. Un po’ i giochi della mia infanzia, con i miei fratelli…
Quando ci hanno chiuso di nuovo a ottobre, da lì fino a poco prima delle vacanze di Natale, ho fatto lezione on-line anche con le mie corsiste. È stato bello, non tutte riuscivano a collegarsi, spesso erano stanche. Però questo dava anche la possibilità a chi riusciva e a chi voleva di poter fare un po’ di movimento. I genitori mi hanno ringraziato dicendomi “Mia figlia non vede l’ora che sia martedì”. Anch’io non vedevo l’ora che venisse martedì! Studiavo cosa potevo raccontare, cosa potevo fare, è stato lo stimolo per proporre cose diverse… Raccontavo che da bambina con la carta facevo le palline, perché mi è capitato che alcune bambine mi dicessero: “Io non ho un pallone”. E allora spiegavo: “Si prende la carta riciclata e con lo scotch si fa una bella palla”. Così il pallone, anche se di carta, è stato di nuovo la cosa che mi ha aiutata. Nella tristezza di non poterci vedere, almeno questo è stato il filo per non perdersi.
Il controllo, non la potenza (soprattutto se non devi spaccare il vaso di mamma)
Una cosa positiva della chiusura c’è. Noi facciamo calcio a 5, quindi calcetto, quindi vuol dire giocare in uno spazio più piccolo. Ho sempre cercato di trasmettere alle ragazze durante i corsi on-line una lezione importante: imparate bene in questo periodo, giocando in spazi ridotti, e avrete il vantaggio di avere la palla appiccicata al piede, sapendo che più avanti, ad esempio, c’è un vaso che non volete spaccare… Quindi è più facile capire che la questione non è “sei forte perché tiri forte”, ma perché tiri bene. Devi essere preciso, poi certo c’è anche la potenza nel tiro, perché se da centrocampo calci con poca forza, non ci arrivi… Ma spesso anche davanti alla porta tante volte tirano un missile. Allora guardo la mia allieva e dico: “Non devi tirare una bombardata! Devi tirare un tiro preciso e curato!”. Insomma, io insegno a controllare il gioco. E in uno spazio piccolo, quello della casa, hanno imparato a controllarsi, a passarsi la palla, a tenersela vicino.
Appena c’è un’apertura, scappo
Per me il lockdown è stato molto pesante. Sono incicciata perché (ride) è normale. Uno sportivo appena si ferma… i muscoli si rilasciano. A parte che non fai più un tubazzo! È pesante. Per fortuna, nonostante siamo in quattro in casa, riusciamo ad avere i nostri spazi: i ragazzi hanno la loro camera, quando mio marito lavora in camera nostra, io posso stare in soggiorno e cucina. Però pesa, appena c’è un’apertura, io cerco “sciu” di scappare. Lo avevo detto anche alle bambine: “Dai, durante le ferie che son lunghissime vi allenate”. Perché anche lì, la battuta che dicevamo tutti era: “Alè, finalmente ci sono le vacanze di Natale che ci riposiamo”. Ma riposo de che, che son stufa (ride). Mi manca il fatto di stare fuori, il contatto con la gente, con le mie ragazze, le mie mamme: la possibilità di stare insieme non è solo poter giocare a calcio, ma anche condividere qualsiasi cosa.
Sogni e realtà
Uno dei miei obiettivi è quello di avere una scuola calcio Nolo, come c’è a Crescenzago, a Quarto Oggiaro… Mi piacerebbe al Trotter, o ovunque. Avevo anche proposto sotto i binari di Ferrante Aporti. Anche sotto un capannone! O anche sui tetti dei nuovi palazzi di Piazzale Loreto, come succede a New York. Mi piacerebbe una scuola calcio proprio solo femminile perchè i maschi hanno fin troppo spazio (ride). Così chi cammina, la vede e dice: “Guarda c’è una scuola di calcio dilettantistica al femminile!”
Richiamo Joanna pochi giorni prima di pubblicare questo post, mentre l’Italia comincia a ricolorarsi di scuro causa pandemia. Alla Cambini è crollato un tendone, e lo spazio per le sue bimbe non c’è più. Joanna ne ha trovato un altro a Gorla, presso la Gorlese Calcio, un po’ lontano però per certe sue allieve. Intanto è entrata a far parte del Patto di Collaborazione del Trotter, un patto fra associazioni di quartiere per utilizzare al meglio certi spazi del parco. Joanna coinvolgerà bimbe e bimbi in giochi e attività utilizzando l’ex piscina del parco, recentemente rimessa a nuovo e inaugurata come campo sportivo. Mr Jo continua a correre dietro al pallone.
L’ho letta oggi dal blog di Mario Calabresi .grazie x questa bella opportunità !n
Vi seguirò senz’altro ,grazie a voi !