«Il quartiere si è molto unito»
Conosco Cristina Berta da tanto tempo. Perché si è sposata con Nino, il mio compagno di banco delle medie. Ci siamo sempre tenuti in contatto io e lui, a volte succede anche nelle grandi città. Quando mi ha presentato la sua nuova fidanzata siamo diventate subito amiche. Non a caso poi l’ha sposata. Lei è insegnante e insieme hanno un figlio di 6 anni, Diego. Per i casi della vita, ci siamo ritrovati di nuovo ad abitare vicino, a NoLo. Non ci vediamo da un anno, anche se dopo la fine del primo lockdown ho visto tutti e tre sfrecciare in bici sulla nuova pista in Corso Buenos Aires. Ho salutato, ma non mi hanno visto. Ho scoperto che durante quest’anno non si sono fatti mancare nulla, come dice Cristina ridendo. La sua è una storia labirintica di tamponi, quarantene e burocrazia. Un delirio che mi ha raccontato qui. Non so nemmeno bene io se ho ricostruito tutto giusto, perché mi sono persa nel suo flusso di parole ed emozioni… Eppure mentre me lo raccontava a fine gennaio ci siamo fatte diverse risate, come al solito, come se fossimo al bar sotto casa a NoLo, e non collegate via zoom. Una NoLo che si è molto unita.
Con la pandemia il quartiere si è unito molto. La pizzeria Rovereto sotto casa mia non ha mai fatto consegne a casa, ma è venuta anche al pianerottolo nella nostra quarantena. È stata proprio carina. Perché io ho telefonato, e ho detto: “Volevo mangiare la pizza da voi però non posso uscire perché siamo in quarantena”. “No, vabbè ma per voi lo faccio”. Loro sono cinesi, e secondo me i cinesi si sono molto uniti agli italiani in questa pandemia. Inizialmente sono stati visti loro come gli untori. Poi ci siamo ammalati anche noi, e abbiamo fatto più gruppo. È stato graduale. Forse stava già accadendo, ma quando tocca a te, ti senti più partecipe, no? Il commesso del super veniva a portarci la spesa e, nonostante noi fossimo positivi, si fermava sul pianerottolo e si sfogava. Aveva proprio voglia di chiacchierare. E considerare non più il cliente come un cliente, ma come un amico. Tutti hanno avuto tanta voglia di raccontare la propria esperienza perché mentre nel primo lockdown il covid era un po’ lontano, nel secondo ci ha toccato bene o male tutti.
Il giardino “segreto”
Abbiamo la fortuna di avere il giardino condominiale. Quindi Diego andava giù a giocare in lockdown. Questo è un condominio di anziani e non hanno tanto piacere che i bambini giochino in cortile, ma nella pandemia è diventato il cortile di tutti. Quindi ce lo siamo divisi a orari. Soprattutto gli anziani erano quelli che lo usavano di più, perché si sono riscoperti a giocare e fare sport. C’erano i ragazzi che facevano pesi. Palestra (ride). C’erano tutti gli sport. Poi c’era una famiglia che si è comprata la rete proprio da pallavolo da mettere nei box. Ci sono tre anziani nel mio palazzo che fanno tai chi, e loro si ritrovavano a fare allenamenti. Una faceva yoga. E una coppia di anziani, lei era una campionessa di tiro con l’arco, facevano lezione e si erano costruiti proprio il bersaglio. Noi abbiamo fatto un cestello con la carrucola per portarci giù le cose. E una volta abbiamo fatto un pic nic.
Piccolo paese
Mi sembra bello avere tutti gli amici di quartiere, soprattutto lo vedo con Diego che sta crescendo con tutti i compagni di classe. Facciamo molta vita da quartiere, adesso ci sono tutte le piazzettine colorate per la gioia di chi guida (ride). Quello è un altro tasto… ma io da sempre avendo paura di usare la macchina, mi sposto tanto in bici. Certo la nuova pista ciclabile è in parte pericolosa perché all’attraversamento di Loreto fai una X con le macchine. E nei pezzi dove passi con le macchine parcheggiate a pettine, rischi che non ti vedano… Adesso fa tristezza vedere tutto chiuso. Vedi lo smarrimento del negoziante, che alcune cose le può vendere e altre no, non si sa perché. O prima anche il parrucchiere, che magari è anche estetista, ma che a volte poteva farti le sopracciglia e a volte no. Non riesci proprio ad abituarti.