«Era un modo giocoso per farci allegria»
Conosco Cristina Berta da tanto tempo. Perché si è sposata con Nino, il mio compagno di banco delle medie. Ci siamo sempre tenuti in contatto io e lui, a volte succede anche nelle grandi città. Quando mi ha presentato la sua nuova fidanzata siamo diventate subito amiche. Non a caso poi l’ha sposata. Lei è insegnante e insieme hanno un figlio di 6 anni, Diego. Per i casi della vita, ci siamo ritrovati di nuovo ad abitare vicino, a NoLo. Non ci vediamo da un anno, anche se dopo la fine del primo lockdown ho visto tutti e tre sfrecciare in bici sulla nuova pista in Corso Buenos Aires. Ho salutato, ma non mi hanno visto. Ho scoperto che durante quest’anno non si sono fatti mancare nulla, come dice Cristina ridendo. La sua è una storia di labirintica di tamponi, quarantene e burocrazia. Un delirio. Non so nemmeno bene io se ho ricostruito tutto giusto, perchè mi ci sono persa nel suo flusso continuo di parole ed emozioni… Eppure mentre me lo raccontava a fine gennaio ci siamo fatte diverse risate, come al solito, come se fossimo al bar sottocasa a NoLo, e non collegate via zoom.
Avevamo deciso di risollevarci l’umore durante il primo lockdown facendoci i popcorn, perché lo scoppiettio fa allegria. Prima abbiamo usato il microonde, ma ad un certo punto non c’erano più le bustine da microonde, allora abbiamo detto “Vabbè facciamoli con la macchinetta” e abbiamo riscoperto la macchinetta dei popcorn. Un modo giocoso per risollevarsi. Alle 5 scattava l’ora del popcorn. E poi anche lo spritz!
Dopo il primo lockdown abbiamo fatto il bonus vacanze e ce ne siamo siete andati. A Rimini. Avevamo proprio bisogno di – te lo giuro – normalità. Vero che siamo stati lì con la mascherina e tutto…. Però andava bene anche così.
La mattina del 20 novembre però io non sto bene, ho la febbre. Nino non si sente benissimo. Prendiamo la macchina, andiamo via Novara al drive throught, quello per insegnanti e studenti con anche Diego, perché non potevo lasciarlo a casa. Fanno il tampone a me a Diego, a Nino no perché non lavora a scuola e non è studente. Io risulto positiva all’antigenico, al che ti fanno quello molecolare. Diego risulta negativo. Mi isolo, però non è che riesci a isolarti più di tanto in casa. Vado in giro con la mascherina, sto sempre in camera, con il bagno in camera, mi portano da mangiare all’uscio… Quindi in realtà (ride) non avrei dovuto infettare nessuno, ma probabilmente erano già in incubazione entrambi. Infatti poi si è positivizzato Nino e poi Diego.
La febbre l’ho avuta mezza giornata: da 38 sono scesa subito con una tachipirina, e basta. Poi sono arrivati i dolori alle ossa, la perdita dell’olfatto graduale: mi toglievo lo smalto alle unghie e il solvente non aveva nessun odore, stranissimo (ancora adesso alcuni odori mi paiono sfalsati, la cocacola e lo shampoo sembrano uguali). Quando è scesa la febbre ho avuto una botta, non so, stavo benissimo: mi sono messa anche a lavare i vetri della mia cameretta (ride).
Non sono andata a scuola ovvio, e la mia classe l’hanno chiusa. Mentre la classe di Diego non è andata in quarantena, perché lui era ancora negativo e io non ero andata a prenderlo. Intanto Nino, mio marito, dopo sei giorni ha prenotato il tampone. Così viene fuori che è positivo anche lui – ma senza sintomi. Tra l’altro piccola chicca: il suo tampone non è visionabile, perché il file non si vede, si è perso. Però è inserito nei positivi…
Quando sei inserito in lista ti chiamano tutti: il Policlinico, l’Ats e la polizia. Se immersa in mille chiamate. Ti faccio ridere: una volta non ho risposto alle otto del mattino. Per tre volte non ho risposto. Ma uno dorme, no? Alla quarta chiamata ho risposto e m’han detto “Meno male signora, perché eravamo già preoccupati e stavamo segnalando la cosa alla polizia”.
Comunque… Nino diventa ufficialmente positivo 6 giorni dopo. A quel punto non siamo stati più isolati tra di noi, perché Diego doveva stare con qualcuno. Ci hanno chiamato il 4 o il 5 dicembre, per dirci che Diego era desiderato in via Novara per fare un tampone. I genitori non potevano accompagnarlo perché entrambi positivi – ci han detto – e dovevamo trovare qualcuno, un parente all’interno del Comune che lo accompagnasse. Inizialmente ci hanno anche detto che poteva venire da solo. Poi si son resi conto probabilmente, se è nato nel 2015, che non era possibile (ride), quindi… e niente non è andato. È andato due giorni dopo con Nino. Ed è risultato positivo. Ha avuto solo un po’ mal di testa e un po’ di male alle gambe.
In totale siamo stati in quarantena sotto l’effetto dei vari tamponi incrociati dal 20 novembre al 22 dicembre. Poi il 22 dicembre siamo andati a prendere i suoi compagni di classe, per salutare tutti. È stato molto emozionante. Siamo andati all’uscita della scuola, lui ha salutato tutti. Tutto molto carino. Siamo andati all’uscita perché ci hanno liberato alle due, se ci avessero liberato alle otto del mattino… era diverso, no?
Ti faccio ridere ancora: il secondo tampone di Nino è negativo, ma noi non lo sappiamo, perché viene perso anche quello (ride). Però ci dicono così. Io invece sono risultata positiva anche al secondo tampone. Però mia mamma è stata positiva per tre mesi, si è ammalata in RSA, durante il primo lockdown. Dunque io potevo essere geneticamente una positiva a lungo termine, quindi m’han detto di rifiutare il famoso tampone, il terzo tampone dei 21 giorni, perché altrimenti il mio datore di lavoro non mi riprendeva al lavoro se positiva, e l’Inps non mi pagava la malattia.
Comunque i miei tamponi invece non li hanno persi e sono tutti belli incorniciati (ride). Il terzo l’ho fatto a 30 giorni perché sono andata trovare mia mamma in RSA, ero negativa. In generale in RSA ne sono morti tanti. Però da lei in realtà l’han gestita molto bene, dal primo caso sono sempre stati molto cristallini con noi, sapevi tutto. Mia mamma è stata asintomatica nonostante tutte le sue patologie. Quindi il covid l’ha proprio (ride) scansata! Non le ha fatto una piega, l’unica cosa è che era sempre positiva, non riusciva mai a negativizzarsi. Quindi poverina è stato tantissimo in isolamento.
Rispondeva male in quel periodo al telefono, ci accusava dell’isolamento, diceva che si era ammalata per colpa nostra. Probabilmente la malattia fa anche questo alla testa. Non le facevano fare la fisioterapia, quindi è stata tanto ferma. Io lo dico scherzando ormai, ma le è venuta una leucemia in quel periodo e questa cosa l’ha salvata, dico io, nel senso che lei ha fatto una trasfusione di sangue, probabilmente sangue molto giovane, e le ha dato una botta di vita che è cambiata da così a così (ride). Non ci siamo fatti mancare nulla. Adesso è stata vaccinata. Dopo il lockdown l’ho potuta vedere solo a giugno, con le mascherine e dietro il vetro, Diego invece poverino non può entrare nella struttura, sta in giardino. E allora si salutano e si guardano dalla finestra.
Adesso rido, però è stato pesante a livello psicologico. Pensavo: “Se ci portano via tutti, Diego con chi rimane?”. Poi mio papà era da solo a casa sua, ha fatto 81 anni. Nessuno è potuto andare perché eravamo tutti in quarantena. E poi organizzarsi per far la spesa… Sì c’è Amazon, ok. Però abbiamo la PostePay. Finiti i soldi sulla PostePay doveva caricarcela qualcuno fisicamente al tabacchi. Quindi anche trovare chi va al tabacchi, chi ti porta le cose a casa….
A Diego è rimasta un po’ la confusione. Per due anni di fila al suo compleanno gli hanno chiuso le scuole. Mi chiede sempre se si va a scuola, e cosa succede… I bambini stanno soffrendo tanto. Quando abbiamo ricominciato, io seguivo i miei della materna con mascherina, visiera e camice. Tipo dottoressa. Però è anche comodo perché ha le tasche! I bambini si sono adattati a questa versione in bianco delle maestre, ma manca proprio la normalità. Una banalità: c’è la pubblicità dell’Happy Meal nuovo, Diego vorrebbe andare, ma non possiamo mica mangiare in macchina al McDonald… (a questo punto, Diego, che era nella stanza durante la diretta zoom e stava ascoltando tutto, urla: “Io ci voglio andareeeeeeee”)
“Lo so lo so che tu ci vuoi andare, amore, però…”
Poche settimane fa Cristina ha fatto il vaccino in quanto docente. Tutto bene, solo febbre per un giorno. Nessun intoppo burocratico stavolta. Ho visto che su Facebook il giorno dell’iniezione ha scritto:“Ho tanto bisogno di normalità”